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Martina Cinti, giovane danzatrice in Danzando memorie sul mare, racconta la sua esperienza


foto: Martina Cinti con alcuni danzatori della Compagnia Zerogrammi


Durante lo svolgimento della prima fase di Danzando memorie sul mare, abbiamo incontrato Martina Cinti (nella foto), una giovane danzatrice che ha preso parte al progetto insieme alla Compagnia Zerogrammi, diretta dal coreografo e regista Stefano Mazzotta. A lei abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza.


1. Martina perché hai preso parte a questo progetto?


Ero alla ricerca di un’esperienza diretta con una compagnia. Era da circa un anno che stavo facendo lezioni qua e là cercando appunto di vedere dall'interno come funziona una compagnia di danza professionale. Attraverso i social network ma anche attraverso i racconti sapevo già molto ma non ho mai avuto l'opportunità di fare un’esperienza concreta, di calarmi pienamente all'interno di un lavoro specifico. E quindi quando ho visto che Hangartfest offriva questa possibilità con la compagnia Zerogrammi, non ho esitato e ho chiesto di partecipare al progetto. Un ulteriore motivo mi è stato dato dal fatto che il progetto si svolgeva nelle Marche. Avrei aderito anche se questo si fosse svolto altrove, in un'altra regione, addirittura all’estero, però il fatto che si svolgesse nelle Marche mi ha dato una motivazione in più perché sono anch’io marchigiana e molto legata alle mie origini. 


Inoltre, avevo visto che si parlava di memorie e di tradizioni, e dato che da bambina ho frequentato il Gruppo Folkloristico Moglianese, ancor prima di iniziare a studiare danza classica, moderna, contemporanea e hip hop, è stato come chiudere il cerchio, come ritornare alle origini, ma con vent'anni di più addosso. E quindi il progetto mi ha permesso di ricollegarmi con le tradizioni della mia terra.


2. Dunque tutto molto positivo, ma non hai riscontrato difficoltà?


All’inizio non è stato facile, aver dovuto imparare tanto materiale coreografico in poco tempo mi ha costretta a compiere un grande sforzo e a essere molto concentrata. Ho dovuto aprirmi per ricevere il massimo di informazioni possibili, essere ricettiva e pronta. Questo mi ha dato stimoli e motivazioni, una forte carica per allenarmi e rendere il massimo. Quindi è stata più che altro una sfida che credo di esser riuscita a superare. La vera vita professionale all'interno di una compagnia è una scoperta continua, un mettersi in gioco continuo, quindi una crescita continua.


3. E con la compagnia come ti sei trovata? 


Molto bene, anche se inizialmente ho dovuto trovare il mio spazio perché appunto nel momento in cui entri in contatto con una compagnia già formata, la principale sfida è quella di trovare il proprio posto al suo interno, di farsi conoscere per quello che si è, ma di farlo in punta di piedi per non essere invadenti. Allo stesso tempo è essenziale farlo in maniera incisiva per crearsi il proprio posto.


Per quanto riguarda il rapporto con i danzatori è stato semplice perché sono stati tutti disponibili e gentili con me. Ovviamente all'inizio c'era del distacco come è normale che sia perché non ci si conosceva e quindi inizialmente c'è quella fase in cui ci si guarda, ci si scruta per capire appunto qual è il tuo posto e fin dove puoi spingerti. Però, appunto, mi sono trovata fin da subito molto bene perché mi hanno accolta senza farmi sentire un’estranea, mi hanno resa partecipe.


E mi sono trovata bene anche con il coreografo Stefano Mazzotta, che sin da subito mi ha dato grande fiducia. Questo aspetto non è per nulla scontato infatti non smetterò mai di ringraziarlo: per la prima volta mi sono sentita apprezzata per ciò che sono e penso non ci sia cosa più bella di questa.


4. Che cosa ti lascia questa esperienza, anche se non è ancora finita?


Questa esperienza ha per me un valore inestimabile, visto che cercavo questo tipo di opportunità da molto tempo. È stata un'esperienza grandissima, intensa che mi ha permesso di mettere in pratica tutti i miei anni di studio e mi ha permesso di andare oltre perché mi ha offerto la possibilità di mettermi in gioco da professionista. Per me è stato un grande valore aggiunto, la migliore opportunità che potesse capitarmi in questo momento.


E poi la riscoperta delle tradizioni è stato un tuffo nel passato perché mi ha riportato alla mente tantissimi ricordi di quando appunto ero bambina e danzavo nel gruppo folkloristico del mio paese. Mi sono riaffiorati tanti ricordi ma al tempo stesso ho imparato tante nuove cose, soprattutto il contatto con le persone e il rapporto con la comunità, in particolar modo con i bambini che hanno partecipato con tanto entusiasmo e spontaneità. È stata un’esperienza bella ed emozionante anche quando abbiamo lavorato sulla memoria, quando abbiamo incontrato le persone anziane che ricordavano il loro passato. Entrare in relazione con loro, con il loro vissuto e allo stesso tempo capire che era come connettersi con il proprio passato, con la propria memoria. Ho percepito un valore e un senso di gratitudine per le persone anziane che abbiamo incontrato, mentre si aprivano a noi avevo la consapevolezza che ci stessero consegnando qualcosa di prezioso e delicato allo stesso tempo, qualcosa che richiedeva la nostra attenzione e tutto il nostro rispetto per loro.



nella foto sopra il coreografo Stefano Mazzotta

in tutte queste altre foto Martina Cinti, durante le feste danzanti nei borghi





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